27 settembre 2015

Il diluvio universale nella storia della geologia

“[...] le scritture sacre non possono insegnare nulla ai filosofi della natura, e riempiono la mente con pregiudizi, mentre ci insegnano le vie per le sfere celesti, e non i fenomeni del mondo."
Antonio Vallisneri
È un mito moderno – la scoperta della biblica Arca di Noè, ma a parte sensazionali affermazione mai nessuna prova concreta é emersa. Comunque  vale la pena di approfondire la tematica dell´antico mito del diluvio universale e il ruolo che questa spiegazione - un’inondazione mondiale - ha giocato nella storia della geologia.

La storia del diluvio universale della bibbia si basa su un racconto ancora più antico, Il "poema epico di Gilgamesh" fu scoperto nel 1850 inciso su tavolette di argilla datate tra il 2.900 e 1.530 a.C. In questo mito si racconta come  i dei infastiditi  dal rumore degli uomini mandarono una inondazione, da cui solo un uomo di nome Utnapischtim, insieme alla moglie e degli animali, riuscì a salvarsi imbarcandosi su una grande nave. Dalla cultura mesopotamica il mito si é diffuso poi sia in storie orientali che occidentali.
 
È noto che già Leonardo da Vinci (1452-1519), basandosi su osservazioni di fossili completi nelle colline di Milano, rifiuta l´ipotesi di un’alluvione, che avrebbe distrutte e disperse le fragili conchiglie. Da Vinci non pubblica le sue osservazioni e cosi fino alla meta del 19° secolo I depositi della glaciazione furono interpretate come le prove tangibili del diluvio, da cui prese anche il nome della prima divisione stratigrafica dei sedimenti in pre-diluviali e diluviali.
Ma già nel 18° secolo molte controversie emergono sulla tematica. Il medico e naturalista Johann Jakob Scheuchzer (1672-1733) interpreto sia fossili che le rocce sedimentarie osservati sui monti come prova del diluvio universale. Scheuchzer era in contatto con il naturalista italiano Antonio Vallisneri (1661–1730) che però reinterpreto le varie prove presentate. Perché fossili potevano essere trovati solo in certi strati e località ? Valisneri riporta l´esempio delle montagne toscane, in cui aveva osservato conchiglie simili a quelle che possono essere trovate nel mare, mentre nelle Alpi - cosi Valisneri - non si potevano trovare tali conchiglie. Vallisneri, pur considerando la spiegazione biblica, postula che si trattava di depositi di diverse inondazioni, spiegazione che pero portava a un´altro problema. 
Se si trattava di più episodi, questi dovevano succedersi nel corso del tempo e la terra essere molta antica, il che non combaciava con la presunta cronologia biblica. Anche I spessi strati di rocce osservate ponevano un grande problema per l´idea di un singolo diluvio ma una terra giovane (stimata in alcuni migliaia di anni al massimo).
Il problema non fu veramente risolto fino al 19° secolo. Il naturalista Georges Cuvier (1769–1832) assumeva che il diluvio universale era l´ultima di una serie di rivoluzioni globali, che si erano susseguite in tempi remoti. Il geologo britannico Charles Lyell (1797-1875) postulò che eventi catastrofici erano l´eccezione e non la regola sulla terra, catastrofi globali impossibili e perciò il diluvio una spiegazione inutile. Il punto più importante era la reinterpretazione dei depositi diluviali, non come sedimenti depositati da acqua, ma sedimenti glaciali.
 
Per quanto riguarda la "scoperta" dell´Arca … nel 1829 il medico tedesco Friedrich Parrot, primo scalatore dell'occidente a salire sull´Ararat (in turco Agri Dagh, la montagna del castigo e un vulcano attivo) poté ammirare una croce del monastero di Echmiadzin (distrutto da una eruzione vulcanica nel 1840) che secondo leggenda era costruita con il legno dell´Arca. Nel 1919 l´aviatore russo Roskowistzki riprese una strana formazione nel ghiacciaio dell´Ararat, che però con successivi studi si rivelò una semplice formazione geologica.
 

Nel 1955 un industriale francese, Ferdinand Navarra, di ritorno da una terza spedizione sul luogo, affermò di avere recuperato una trave di legno di quercia dal ghiacciaio dell´Ararat a 4.000m (nei pressi della gola Ahora, dove sorgeva il monastero, sul lato nord-est del vulcano). Una datazione risulto in un´eta di 5.000 anni, ma la storia inverosimile dell´archeologo dilettante e dubbi di come una trave di legno si potesse preservare in un ghiacciaio in movimento per 5.000 anni, fece nascere seri dubbi sulla veracità del reperto.
 

Negli anni ottanta e novanta gli arceologi, come si auto-riferiscono i ricercatori dilettanti, si misero a interpretare le foto disponibili di aerei di spionaggio russi e americani, senza risultato concreto e con solo molte speculazioni su delle macchie nel ghiaccio.
 
Per la tradizione del corano l´arca si é arenata nell'odierna Turchia, sull´altopiano di Dogubayazit a 2.300m di quota e a 300 chilometri a sud dell´attuale monte Ararat. Questo territorio si trova ai confini di quella regione che storicamente era chiamata Ararat. Esplorando la zona nel 1910, l´archeologa inglese Gertrude Bell scopri una conformazione geologica, che naturalmente fu interpretata come i resti dell´arca pietrificata ! Nel 1994 David Fasold dell´Università del New York presento i risultati di sei anni di ricerca sulla presunta arca e affermó che strati di ossido di ferro rappresentavano i resti delle fasce di ferro dello scafo e delle pietre trovati nella zona erano state usate come ancore o stabilizzatori. Ma I geologi Lorence Collins e Ian Pilmer, che visitarono il sito, smentirono le strambe teorie di Fasold che dovette pubblicamente ritirare le sue affermazioni. La struttura non era altro che una grande piega geologica, erosa dal sottosuolo.
 
Bibliografia:
 
KÖLBL-EBERT, M. (ed.) Geology and Religion: A History of Harmony and Hostility. The Geological Society, London, Special Publications, 310: 77–81