24 gennaio 2015

La disastrosa Ipotesi dell´Impatto cosmico

Sembra che i sostenitori dell´"Impatto cosmico del Dryas recente" non si danno facilmente per vinti, anche dopo l´ennesima "sbufalata" dei loro "risultati" (poiché le presunte gocce di materiale fuso scoperte nell'odierna Siria sono state identificate come scorie di focolai…)
 
L´ipotesi é stata resa popolare a seguito di una presentazione scientifica durante l´assemblea dei geologi americani nella primavera 2007, ma uno degli autori - il fisico Richard Firestone - è dal 1990 che cerca di promuove questa sua idea (anche con la pubblicazione di libri a tema).

I ricercatori dell´istituzione di Richard Firestone e del Lawrence Berkeley National Laboratory nel 2007 affermarono di avere scoperto delle inusuali concentrazioni dell´elemento Iridio, grani irregolari di metallo, nanodiamanti e fullereni in uno strato ricco di componenti organici - i residui di un bolide extraterrestre mischiato ai residui di animali e piante carbonizzati dall´impatto. A detta dei ricercatori avevano scoperto perfino dei resti di mammut e bisonti, che mostrerebbero tracce dirette dell´impatto. Piccoli fori nelle ossa (con diametri di 2-3 mm), un alone bruciato e frammenti magnetici con un alto contenuto di ferro e nickel - i frammenti del bolide che come delle cartucce a pallettoni avrebbero sterminato intere specie. Poco importa che nessun ricercatore al di fuori del gruppo di lavoro di Firestone è mai stato in grado di verificare le analisi, sembra mancare anche la prova più convincente - il cratere d´impatto. Per spiegare la mancanza i ricercatori proposero che il bolide era esploso nell´atmosfera (verosimilmente anche l´esplosione di Tunguska può essere spiegata in modo simile) - l'assenza di prove non è prova di assenza...
 
Il calore dell´impatto avrebbe fuso anche le calotte glaciali é prodotto una grande quantità di acqua dolce che affluendo nel Nordatlantico avrebbe interrotto la corrente del golfo - l´abbassamento delle temperature sul continente europeo (dal periodo glaciale del Dryas, circa 8.000 anni fa,  l´ipotesi prende anche il nome) avrebbe alla fine portato ad una estinzione di massa anche in Europa e Asia.
 
Ma l´intera ipotesi crolla se si analizzano i dati cronologici a disposizione, che mostrano un graduale declino della specie di mammiferi dopo la fine dell´ultima glaciazione. Una ricerca condotto su 4.532 siti archeologici in Europa e Siberia, e 1.177 resti di Mammut e Mastodonte in Europa, Siberia e America settentrionale hanno mostrato delle età comprese tra 45.000 a 12.000 anni. Il mammut lanoso raggiunse un massimo nella popolazione, seguito da un declino, tra i 16.000 e 15.500 anni, in Europa e Siberia tra i 14.500 e 13.500 anni, e in America dopo i 13.000 anni - in concordanza con la fine dell´era glaciale e un netto cambio climatico e ambientale. Invocare un impatto extraterrestre per spiegare l´estinzione della fauna pleistocenica - senza alcune prove e 5.000 anni troppo tardi - sembra abbastanza inutile (si aspetta la prossima pubblicazione...).

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