22 settembre 2012

Prometheus - Una Recensione Geologica

"Prometheus" è l´ultima fatica del regista Ridley Scott (che in ambito di Sci-Fi ha diretto nel 1982 "Blade Runner" e nel 1979 l´originale "Alien") ambientato nell´universo degli xenomorfi più conosciuti nella storia cinematografica.

La trama: Nel 2093 una spedizione scientifica raggiunge la luna rocciosa LV-223, che orbita l´unico pianeta - un gigante gassoso - di un sistema planetario collocato in un ammasso stellare molto simile ai Pleiadi (distanti 330-390 anni luce dalla terra). La "Prometheus", un prototipo di nave interstellare, è stata inviata nello spazio profondo dopo che un team di archeologi ha scoperto varie "mappe stellari" terrestri, antiche in parte di millenni, che mostravano strane creature (presumibilmente di origine aliena) puntare proprio su quest'ammasso stellare (anche se non è ben chiaro come gli scienziati abbiano capito quale stella in particolare sia intesa - assumo che le altre stelle non abbiano pianeti).



La Prometheus atterra nei pressi di una montagna con conformazioni troppo geometriche -  indubbiamente di origine artificiale - e l´equipaggio presto scoprirà che, in effetti, si tratta di una costruzione di origine aliena, costruita millenni prima per nascondere un terribile segreto (la storia di certo non spicca per originalità...).

Il film vive in parte degli effetti speciali, tra cui notevole sicuramente anche l´ambientazione e il senso di desolazione della luna rocciosa. Abbiamo poche informazioni disponibili per ricostruire la geologia di questo mondo extraterrestre. Durante l´avvicinamento è menzionato che la luna possiede catene montuose alte il doppio di quelle terrestri (è citato il Mount Everest con i suoi 8.848 metri, che pero, in effetti, non è la montagna singola più alta della terra, primato che appartiene al Mauna Kea con i suoi 10.205 metri misurati dalla base). L´altezza menzionata delle montagne farebbe pensare che la gravità di questa luna è minore di quella terrestre, ma gli attori si muovono normalmente. Più interessante l´osservazione che le catene montuose potrebbe essere indizi per attività tettonica recente, poiché l´atmosfera della luna sembra essere abbastanza densa da consentire attività erosiva eolica  - più tardi nel film la Prometheus è investita da una tempesta di sabbia di grande potenza e la struttura aliena è fortemente corrosa - che su un mondo inattivo avrebbe certamente eroso o modificate queste montagne (che sembrano abbastanza fresche).
L´atmosfera é composta di nitrogeno, 20% di ossigeno e 3% di monossido di carbonio, che la rende tossica per noi umani. Ossigeno e un elemento molto reattivo che tende a legarsi con altri elementi - sembra strano che su un pianeta senza vita (dato che sulla terra la fotosintesi contribuisce la maggior parte dell' ossigeno libero in atmosfera) ci siano perciò talmente alti valori per ossigeno.
Non è anche ben chiaro se nell'ambiente di LV-223 esiste biossido d'idrogeno nella forma liquida, si fa riferimento che all´interno della costruzione aliena esistono condizioni particolari che consentono la presenza di acqua liquida, questo farebbe pensare che siano condizioni eccezionali e non di norma.

Fig.1. Il punto d´atterraggio della Prometheus, mentre il fondovalle è stato filmato nell´Islanda, la montagna all´orizzonte é localizzata nella regione del Wadi Rum, Giordania.

Tra gli scienziati si trova anche un geologo, che pero non contribuisce molto né alla trama o all´esplorazione geologica di questo mondo. 

Le scene dell´atterraggio dell´astronave sono state filmate in Islanda, nei pressi dell´ammasso vulcanico dell'Hekla. Nel mondo reale il suolo su cui appoggia l´astronave e si muovono più tardi gli scienziati è costituito da depositi vulcanici - colate di lava basaltica ricoperte da ceneri e pomice vulcanica. Parti dell´ammasso roccioso visibile all'orizzonte, con tanto di stratificazioni sedimentarie, invece sono state filmate nella Giordania - il tutto alla fine è stato combinato grazie alla computer graphic, per creare l´ambientazioni desolata di LV-223. 

Bibliografia:

MASON; J.W. (2008): Exoplanets Detection, Formation, Properties, Habitability. Springer: 314
WATTERS, T.R. & SCHULTZ, R.A. (2010): Planetary Tectonics. Cambridge University Press: 518

12 settembre 2012

Il "Rio delle Foglie"

La gola del Bletterbach - il "Rio delle Foglie" - comune di Aldino/Radegno -  è considerato ( o almeno dovrebbe essere …) un sito fossilifero di fama globale, dato che ha restituito l´insieme più completo di orme di rettili del Permiano superiore, con 8 icnogeneri e 9 icnospecie classificati finora (di cui - tra l´altro - si parla anche in questo post).
La storia comincia nel 1946, quando il paleontologo Piero Leonardi si mette sulle tracce della flora permiana dell´Arenaria della Val Gardena, conosciuta già dal 1877. Incuriosito da un resoconto sui fossili di piante ritrovati nel Bletterbach, si mette in contatto con l´autore dell´articolo, l'ingegnere Leo Perwanger. Insieme scoprono ulteriori fossili e alcune lastre con delle impronte di rettili. Dopo alcune stagioni di scavo, nel 1951 Leonardi pubblica i risultati, e realizza l´importanza del sito. Le ricerche nel sito del Bletterbach sono stati proseguiti dal 1973 fino ai giorni nostri. 

La risalita della gola che il rio ha scavato nel fianco della montagna del Weißhorn (2316 m) offre la possibilità di attraversare l´intera successione sedimentaria del Permiano superiore (circa 250 milioni di anni). Le impronte fossili provengono da una successione di arenarie e strati di argille, depositate in una vasta piana fluviale con un clima semidesertico. Strati di gesso sono indicatori di locali o temporali  trasgressioni marine e lo sviluppo di un ambiente di playa o sabkha

Fig.1. La profonda ferita inflitta dal´erosione al Weißhorn (2316 m).

 Fig.2. La successione stratigrafica del Permiano superiore (circa 250 milioni di anni), formazione della Arenaria della Val Gardena.

 Fig.3. Strati di gesso formati in un ambiente con forte evaporazione (simili alle odierne sabkha) e superimposti da sabbie di dune eoliche.
L'ambiente fluviale era colonizzato da vegetazione sparsa, come dimostrano orizzonti pedogenetici con riconoscibili impronte di radici di piante. Resti macroscopici di piante sono rari e perlopiù frammentari, spesso recuperabili solo come patina carboniosa localizzata in singoli strati. Ma l'aspetto superficiale può ingannare, dato che la conservazione a livello microscopica è eccellente. Nelle cuticole delle piante preservate è riconoscibile la struttura del tessuto, inoltre la successione sedimentare ha restituito una ricca associazione di pollini preservati col materiale organico originale.

 Fig.4. Orizzonti pedogenetici con strutture riconoscibili, interpretate come impronte di radici di piante.

Fig.5. Gesso e materiale organico di un presunto paleosuolo.

 Fig.6. Dettaglio di frammenti vegetali.

 Una recente pubblicazione descrive ora in più dettaglio l´associazione di piante rinvenuta durante le ultime fasi di scavo (Communicato stampa del Museo di Storia Naturale di Bolzano) - 15 specie, tra cui spicca una foglia attribuita a Ginkgoales  - che se confermata, risulta il più antico reperto finora rinvenuto di questo gruppo.

BIBLIOGRAFIA:

AVANZINI, M. & WACHTLER, M. (1999): Dolomiti La storia di una scoperta. Athesia S.a.r.l. Bolzano: 150
AVANZINI, M. & TOMASINI, R. (2004): Giornate di Paleontologia 2004 Bolzano 21-23 Maggio 2004 Guida all´escursione: la gola del Bletterbach. Studi Trentini di Scienze Naturali - Acta Geologica Supplemento al v.79 (2002):1-34
LEONARDI, G. (2008): Vertebrate ichnology in Italy. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 83 (2008): 213-221