18 marzo 2012

I Giganti tra leggenda e realtà

Prima e anche durante il XVII secolo la scoperta di scheletri di gigante era un evento abbastanza comune. Nel gennaio del 1546, e poi nel 1564, 1580 e 1613 ossa furono dissotterrate nei pressi del castello di Chaumont (Francia) e nel 1577 delle singole ossa furono scoperte sotto un albero a Lausanne (Svizzera). Nel 1643 ossa furono dissotterrate nel Belgio. Boccacio infine descrive il ritrovamento di un scheletro di gigante alto 100 metri in Sicilia nel 1371.
Molte di queste ossa furono esposte nelle locali chiese come prova di demoni o santi, altri divennero parte dei gabinetti di curiosità o fiere ambulanti.
Le ossa ritrovate nel 1546 furono identificate come ossa del gigante Teutobocus, re dei popoli del nord, ed esposte in tutta la Francia.
Un testo pubblicitario formulato dal gesuita Jacques Tissot riporta:

"La vera storia della vita, e delle ossa del gigante Teutobocus, re dei Teutoni, Cimbri e Ambroni, sconfitto 105 anni primi di cristo. Fu sconfitto insieme alla sua armata di 100.000 uomini da Mario, consolo romano, poi fu ucciso e sotterrato nei pressi del castello conosciuto una volta come Chaumont e ora come Langon, nei pressi della città di origine romana di Daulphiné.
In questo sito la sua tomba fu scoperta, lunga trenta passi, con il nome scritto con lettere romane, le ossa in essa superavano i 25 passi, un solo dente pesava più di 11 libbre, tutti mostruosi in dimensioni e forma, come potrai vedere in città."

Simili testi descrivevano le ossa ritrovate e la gigantesca tomba, inoltre anche due placche d´argento con le iniziali del console romano!

L´esposizione delle ossa in Parigi fu un grande successo, ma comunque esistevano anche voci scettiche che chiedevano altre prove per avvalorare l´affermazione che si trattasse di ossa di gigante - soprattutto le placche d´argento. Inutile dire questa prova non è stata mai più ritrovata, inoltre le ossa recuperate cominciavano a disintegrarsi esposti all´aria e la luce.

Con l´avvento dell´anatomia comparata, proposta dal paleontologo francese Georges Cuvier (1769-1832), le misteriose ossa ben presto sono identificate come i resti di mammiferi dell´era glaciale, soprattutto proboscidati. 

 Fig.1. Varie generazioni di giganti, immagine tratta dal "Mundus subterraneus" di Athanasius Kircher (1678). Il gigante più grande é basato sulla descrizione di resti di ossa scoperti in Sicilia, da sinistra a destra seguono un uomo comune, il leggendario Golia, il gigante di Lucerna e il gigante della Mauritania.

Ma apparentemente i giganti non sono estinti - Nel 1869 uno strano fossile fu scoperto in Cardiff nello stato di New York: un uomo pietrificato alto tre metri! Anche questa scoperta ben presto fini in fiera e con 50 centesimi si poteva ammirare quello che si ritentava i resti di uno dei mitici giganti descritti dalla bibbia.
Il grande showman Phineas Taylor Barnum prese in prestito il reperto per ben tre mesi e commissiono una replica di gesso. Ben presto fu rilevata la verità, lo scopritore del gigante "originale", George Hull, aveva prodotto e sotterrato un falso per ridicolizzare le credenze bibliche di quei tempi.
Nel 1895 fu pubblicata una strana foto nella rivista "The Strand" (vedi figura a lato), che sembrava mostrare la copia irlandese del gigante di Cardiff, alta perfino più di quattro metri. Il "fossilized Irish Giant" scomparve poco dopo e non fu mai più rinvenuto - importante da notare che "The Strand" era una rivista dedicata alla fiction e storie fantastiche, non proprio una fonte da considerare troppo seriamente.

Tuttora le immagini di presunti ritrovamenti di uomini giganteschi circolano in rete e interi episodi di documentari dedicati al paranormale parlano delle prove dell´esistenza di queste creature mitiche. Nel 2008 circolo perfino un'immagine che mostrava uno scavo scientifico di uno scheletro umano, ma d'incredibili dimensioni di alcune decine di metri! Ben presto questa immagine si rivelo un falso creato al computer per un concorso dedicato alla manipolazione d´immagini - come molte altre presunte prove "inconfutabili", che vengono volentieri usati per vendere "libri" contro l´evoluzione o il "dogma scientifico" attuale (ma sopratutto per fare soldi con la stupiditá umana).

A parte che non esiste nessuna prova a riguardo dell´esistenza di giganti in preistoria, anche le leggi della biologia rendono impossibile l´esistenza di giganti nel senso classico dell´immaginario popolare (cioè con proporzioni umane ma di dimensioni molto maggiori).

Già nel 1638 Galileo Galilei realizza i principi di base della biomeccanica. Nella sua opera "Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno a due nuove Scienze Attenenti alla Meccanica & i Movimenti Locali" descrive le limitazioni meccaniche a cui sono sottoposti organismi: le ossa di animali di diversa massa non sono semplice copie più grandi o più piccole, ma l´intera struttura deve essere modificata per adattarsi alle nuove esigenze.
Per sostenere gli stessi sforzi, cilindri grandi devono essere relativamente più spessi di quelli piccoli (vedi figura a lato). Questo vale anche per le ossa - un animale grande non possiede semplicemente un osso in scala maggiore, ma lo spessore aumenta molto più velocemente che la lunghezza del relativo osso. Un gigantesco gigante non avrebbe mai le stesse relazioni degli arti di un uomo con dimensioni "normali", ma arti spessi adatti a sostenere la sua massa e le forze meccaniche esercitate su di essi - sarebbe un mostro e come si sa, i mostri non esistono ;)

Bibliografia:

PROTHERO, D. (2003): Bringing Fossils To Life: An Introduction To Paleobiology. McGraw-Hill Science: 512

9 marzo 2012

La vita negli abissi

Il più grande ecosistema terrestre é anche quello meno studiato - un paragone spesso citato afferma che conosciamo meglio il lato oscuro della luna che il 54% della superficie del nostro globo - un'area che comprende piani abissali e fosse marine sotto i 3.000 metri di profondità. 
Fino a 150 anni fa si riteneva che non poteva esistere vita sotto i 200 metri, dato che la luce solare, necessaria per la fotosintesi delle piante, veniva assorbita completamente dalla colonna d´acqua. Quando furono posati i primi cavi telegrafici negli oceani alla fine del 19° secolo e durante le regolari ispezioni tecniche, fu scoperto con grande stupore che i cavi erano stati colonizzati da piccoli bivalvi. Le prime investigazioni scientifiche della vita negli abissi sono state condotte durante la spedizione della "Challenger", nave britannica che dal 1872-76 circumnavigò la terra e colleziono 240 campioni del fondale marino.
Una sensazione fu la scoperta di campi e sorgenti idrotermali nelle profondità marine nei pressi delle isole Galapagos nel 1977. I fluidi che sgorgano dalle sorgenti possono raggiungere 400°C e sono colorati neri per via dei minerali dissolti in essi. Questi composti chimici sono usati da batteri per ricavare tramite chemosintesi energia, i batteri formano a loro volta la base di una catena alimentare che comprende molluschi, policheti, artropodi e pesci. Il primo ecosistema conosciuto completamente indipendente dalla luce solare.
Un'altra rivoluzione avvenne nel 1983, quando nel golfo del Messico furono scoperte delle sorgenti di fluidi freddi (con temperature di pochi gradi sopra lo 0), composti d'idrogeno solforato, metano e idrocarburi. Anche qui si era sviluppata una comunità di organismi particolari. Successive ricerche, soprattutto negli ultimi due decenni, hanno rilevato almeno undici tipi di comunità con diverse specie di organismi, una diversità determinata apparentemente dall´isolamento geografico e forse anche dal tipo di sorgente colonizzata. 

Fig.1. Classificazione dei campi idrotermali conosciuti in undici classi, secondo una ricerca pubblicata da ROGERS et al. 2011.

Osservazioni suggerivano che campi di sorgenti, anche se vicini geograficamente, avevano in comune non più del 20% delle specie.
Una ricerca pubblicata di recente aggiunge un nuovo tassello e suggerisce che i limiti tra le diverse comunità abissali sono molto più "fluidi" di quanto finora ritenuto.
LEVIN et al. 2011 descrivono un campo di sorgente fredde (la presenza di fluidi caldi è dubbia) di metano al largo della Costa Rica, con specie conosciute da altre sorgenti fredde, ma anche specie ritenuto più tipiche di sorgenti calde. Diversi generi di batteri - Thiomicrospira, Sulphitobacter, Sulphurimonas e Arcobacter - erano conosciute solo da sorgenti idrotermali e la loro presenza è abbastanza sorprendente. La comunità macroscopica é dominata dal polichete Lamellibrachia barhami e dal genere di bivalve Bathymodiolus, entrambi specie comuni in tutti i tipi di sorgenti.
Vari generi di molluschi, come Lepetodrilus, Bathyacmaea e Fucaria, erano stati associati in passato a sorgenti idrotermali, e i generi Margarites, Neolepetopsis e Provanna a sorgenti fredde. Nel mare del Costa Rica tutti questi organismi sono stati trovati convivere nelle medesimi condizioni.
La ricerca descrive anche una nuova specie di bivalve - Bathymodiolus sp., di polichete Neovermilia sp. e una nuova possibile specie di pesce del genere Pachycara.

Fig.2. Immagini (tratta da LEVIN et al. 2012) della fauna esplorata nel campo idrotermale del Costa Rica, a) nuova specie del bivalve Bathymodiolus tra tane/tubi del polichete Lamellibrachia barhami, b) bivalvi del genere Lepetodrilus, c) bivalve Archivesica gigas e granchi del genere Munidopsis, d) il pesce Pachycara si nasconde in un "cespuglio" di policheti e) nuova specie del polichete Neovermilia e f) un branco di oloturie.

Bibliografia:

LEVIN, L.A. et al. (2012): A hydrothermal seep on the Costa Rica margin: middle ground in a continuum of reducing ecosystems. Proc. R. Soc. B. doi:10.1098/rspb.2012.0205
ROGERS, A.D. et al. (2011): The Discovery of New Deep-Sea Hydrothermal Vent Communities in the Southern Ocean and Implications for Biogeography. PLOS Biology 10(1): e1001234. doi:10.1371/journal.pbio.1001234

4 marzo 2012

La strana storia di come un vulcano estinto salvo un insetto dall´estinzione

Fig.1. La piramide di Ball
Nel 1918 la nave "S.S. Makambo", proveniente dall´Inghilterra, naufrago nei pressi dell´isola di Lord Howe - isola situata a 600 chilometri dalla costa dell´Australia nell´Oceano Pacifico. I superstiti riuscirono ad arenare la nave danneggiata sulla costa, dove fu riparata in nove giorni, ma durante questa forzata permanenza rilasciarono sull´isola un mortale invasore, che da li in poi avrebbe cambiato la sorte di molte specie endemiche dell´isola - ratti neri. I nuovi arrivati causarono l´estinzione accertata di sei specie di uccelli e una particolare specie d'insetto stecco - Dryococelus australis. Questi insetti che potevano raggiungere quindici centimetri di lunghezza erano talmente comuni che venivano usati come esche per la pesca, ma già nel 1920 fu avvistato l´ultimo esemplare vivo e poco dopo la specie fu ritenuta estinta.

44 anni più tardi un team di scalatori cerco di scalare la Piramide di Ball, situata a più di ventitré chilometri sud-est dell'Isola di Lord Howe. Il nome è appropriato: la piramide è un faraglione inaccessibile e spoglio, alto 562 metri - i resti erosi di un vulcano che si estinse sette milioni di anni fa, lasciando intatto solo il condotto vulcanico centrale.
La prima spedizione falli dopo cinque giorni, ma gli scalatori affermarono di aver scoperto un corpo senza vita, ma che sembrava relativamente recente, di un grande, sconosciuto insetto.  Altri insetti morti furono osservati durante seguenti spedizioni (la vetta della piramide fu raggiunta nel 1965), ma mai un esemplare vivo catturato.

Nel 2001 due zoologi, David Priddel e Nicholas Carlile, insieme a due assistenti decisero di indagare questi strani avvistamenti. Si concentrarono su alcune chiazze verdi nelle pareti a strapiombo, ma in un primo momento scovarono solo alcuni esemplari di grilli. Decisi a rinunciare, s'imbatterono in un singolo arbusto di Melaleuca, un genere di pianta della famiglia delle Mirtacee abbastanza comune nell´area pacifica. L´esemplare era cresciuto in una fessura della parete, circa 200 metri sopra il livello del mare, e aveva formato uno spesso strato di humus. I ricercatori notarono degli escrementi d'insetto tra il detrito vegetale ma nessun insetto era visibile. Dato che si sapeva che l´insetto stecco dell'Isola di Lord Howe era notturno, si decise di ritornare durante la notte, armati con lampade e apparecchi fotografici. Insieme a una guardia forestale locale, Dean Hiscox, Carlile ritorno sul sito, dove scopri due grandi insetti muoversi sui rami. Attente osservazioni rilevarono ulteriori ventidue esemplari di Dryococelus australis nell´ombra del singolo cespuglio - in pratica l´unica fonte di cibo nella parete rocciosa. Una scoperta sensazionale - ma si potevano prelevare degli esemplari di un organismo di cui non si sapeva quasi nulla da una cosi piccola popolazione? Dopo due anni fu deciso di raccogliere due coppie per iniziare un progetto di allevamento - ma si scopri che una frana si era staccata nella parete con il sito. Fortunatamente il cespuglio e gli insetti erano ancora li.
Dopo vari tentativi - una delle prime coppie d'insetti prelevati mori poco dopo - finalmente si riuscì a far schiudere diverse uova. Oggi la popolazione di questa specie raggiunge i centinaia di esemplari in diversi zoo e collezioni private, e forse un giorno, se l´isola di Howe potrà essere ripulita dai ratti, si cercherà di rimpatriare queste strane creature. 

Fig.2. Dryococelus australis, immagine presa da Wikipedia.

Bibliografia:

HONAN, P. (2008): Notes on the biology, captive management and conservation status of the Lord Howe Island Stick Insect (Dryococelus australis) (Phasmatodea). Journal of Insect Conservation Vol.12 (3-4): 399-413